«Eravamo quattro amici, Mario Arlotti, Vittorio Della Torre, Mirco Malferrari ed io; soffrivamo un disagio che derivava da fattori sia ambientali, come il tipico letargo invernale di un paese rivierasco che vive solo di turismo, sia dall’insofferenza nei confronti della cultura dominante che, in quegli incipienti anni ’80, detti anni del “riflusso”, si stava volgendo all’individualismo, alle teorie neo-liberiste, all’edonismo. Prima ancora di chiederci che fare e scegliere la direzione, abbiamo cercato di condividere un’esperienza che ci aiutasse a uscire dal corto raggio di una sfera amicale racchiusa nel privato: qualcosa che ci portasse ad essere artefici di un intervento culturale in grado di incidere positivamente nel nostro ambiente sociale. Un intervento originale, motivante, basato sulle nostre forze, senza necessariamente dover dipendere da condizionamenti esterni di tipo logistico (avere una sede fisica) o finanziario (ottenere contributi pubblici). Trovammo le nostre “coordinate di viaggio” nel dar vita a un’esperienza di ricerca e d’aggregazione permanente focalizzata sulla cultura tradizionale, sulle forme espressive tramandate dalla tradizione orale, e la loro restituzione in chiave artistico-spettacolare». (G. Gori, Abbasso l'acqua evviva il vino! Canti storici e di osteria e balli tradizionali raccolti in Romagna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2020, p. 113)