Una figura eccentrica nel mondo dell’arte italiana, Antonio Nadiani. Curioso, irascibile, lavoratore instancabile, si occupò, oltre che di pittura, di critica, cibernetica ed estetica.
Nadiani non ha mai raccontato la storia della sua vita; teneva un piccolo diario dove annotava soltanto i fatti: “… tanto per ricordarsi”, diceva.
Nato nel 1906 a Sant’Arcangelo di Romagna da ricca e nobile famiglia, già a 12 anni inizia a dipingere e le immagini della villa paterna immersa nella pineta di Bellaria vicino al mare restano costanti nei suoi scritti e nelle sue pitture.
Solo all’età di 33 anni poté prendere possesso dell’eredità della famiglia e da lì, cominciò a vendere a poco a poco l’imponente capitale permettendosi, così facendo, una vita libera, agiata e artisticamente proficua.
Nel dopoguerra i suoi molteplici interessi si ampliano ulteriormente e la sua arte, seppur risentendo di questa dispersione intellettuale (nel 1962 edita il primo volume dell’autobiografia dal titolo “Memorie di un inetto”), mantiene un centro negli interessi per l’erotismo che trova il suo culmine insuperato nella cartella di 10 xilografie, pubblicata in Norvegia nel 1957, “Antonio Nadiani. Erotica”.
I primi due capitoli di “Memoria di un inetto”, intitolati “La
casa vecchia” e “La casa nuova”, descrivono l’intimità e l’inquietudine
degli anni della sua infanzia nella tenuta padronale bordonchiese, offrono spaccati di vita quotidiana, con richiami a personaggi ed episodi di vita locale durante la Prima guerra mondiale.
Fra le figure della sua famiglia di particolare rilievo fu il padre, l’avvocato Vincenzo Nadiani, che fu fra i fondatori, nel 1906, della Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 1909, proprio nella loro residenza, della Cassa Rurale di Depositi e Prestiti di Bellaria e Bordonchio.
La “Casa nuova” che “sorgeva sulla duna, spazzata da vento del mare”,
sopravvive ancora oggi, disabitata e abbandonata, alle spalle della
Colonia “Roma”.